Laudato si'
Laudato si' di papa Francesco è un'enciclica appartenente alla Dottrina sociale della Chiesa, insieme alla Rerum novarum di Leone XIII e alla Populorum progressio di Paolo VI. Encicliche in cui la Chiesa si è misurata con le grandi questioni sociali della modernità: la Rerum novarum con la questione operaia, la Populorum progressio con la questione del sottosviluppo, la Laudato si' con la questione ecologica.
Le migliori regole e i più aggiornati manifesti ecologici varranno poco senza motivi e scopi persuasivi: «Non possiamo pensare che i programmi politici o la forza della legge basteranno ad evitare i comportamenti che colpiscono l'ambiente, perché quando è la cultura che si corrompe e non si riconosce più alcuna verità oggettiva o princìpi universalmente validi, le leggi verranno intese solo come imposizioni arbitrarie e come ostacoli da evitare». A questo bisogno di significati, valori e princìpi risponde l'enciclica, a un livello di pensiero universalmente umano e specificamente cristiano.
La «conversione» dice di una disponibilità e un impegno per l'ambiente possibili solo a cominciare da una revisione in radice dei paradigmi di giudizio e dei modelli e stili di vita, senza cui l'ecologia o non affiora alle responsabilità delle coscienze o resta solo una moda e una sensibilità di facciata. La conversione ecologica è un processo «personale e comunitario» di liberazione da mentalità e prassi dettate dal «consumismo ossessivo», dalla «cultura dello scarto» e «dello spreco», dal «paradigma tecnocratico» e «tecno-economico», da «una visione della natura unicamente come oggetto di profitto e di interesse», dal «mito del progresso».
La spiritualità ci schiude al bello, dandoci uno sguardo contemplativo, ammirato e grato del creato. Sguardo liberatore da ogni attitudine captativa e consumistica: «Prestare attenzione alla bellezza e amarla ci aiuta ad uscire dal pragmatismo utilitaristico». Ci fa liberi e fedeli nell'amore. «La natura è piena di parole d'amore», che solo un vedere contemplatore sa leggere. La spiritualità cristiana inoltre iscrive le responsabilità ecologiche nella relazione creaturale e salvifica dell'uomo con Dio.
Ridotto e adattato da http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/Laudato-si-terzo-pilastro-sulle-grandi-questioni-sociali-.aspx
Le migliori regole e i più aggiornati manifesti ecologici varranno poco senza motivi e scopi persuasivi: «Non possiamo pensare che i programmi politici o la forza della legge basteranno ad evitare i comportamenti che colpiscono l'ambiente, perché quando è la cultura che si corrompe e non si riconosce più alcuna verità oggettiva o princìpi universalmente validi, le leggi verranno intese solo come imposizioni arbitrarie e come ostacoli da evitare». A questo bisogno di significati, valori e princìpi risponde l'enciclica, a un livello di pensiero universalmente umano e specificamente cristiano.
La «conversione» dice di una disponibilità e un impegno per l'ambiente possibili solo a cominciare da una revisione in radice dei paradigmi di giudizio e dei modelli e stili di vita, senza cui l'ecologia o non affiora alle responsabilità delle coscienze o resta solo una moda e una sensibilità di facciata. La conversione ecologica è un processo «personale e comunitario» di liberazione da mentalità e prassi dettate dal «consumismo ossessivo», dalla «cultura dello scarto» e «dello spreco», dal «paradigma tecnocratico» e «tecno-economico», da «una visione della natura unicamente come oggetto di profitto e di interesse», dal «mito del progresso».
La spiritualità ci schiude al bello, dandoci uno sguardo contemplativo, ammirato e grato del creato. Sguardo liberatore da ogni attitudine captativa e consumistica: «Prestare attenzione alla bellezza e amarla ci aiuta ad uscire dal pragmatismo utilitaristico». Ci fa liberi e fedeli nell'amore. «La natura è piena di parole d'amore», che solo un vedere contemplatore sa leggere. La spiritualità cristiana inoltre iscrive le responsabilità ecologiche nella relazione creaturale e salvifica dell'uomo con Dio.
Ridotto e adattato da http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/Laudato-si-terzo-pilastro-sulle-grandi-questioni-sociali-.aspx
Il gesuita argentino Jorge Mario Bergoglio, 76 anni, arcivescovo di Buenos Aires dal 1998 e ora Papa Francesco, è una figura di spicco dell’intero continente e un pastore semplice e molto amato nella sua diocesi, che ha girato in lungo e in largo, anche in metropolitana e con gli autobus. «La mia gente è povera e io sono uno di loro», ha detto una volta per spiegare la scelta di abitare in un appartamento e di prepararsi la cena da solo. Ai suoi preti ha sempre raccomandato misericordia, coraggio e porte aperte.
Nella capitale argentina nasce il 17 dicembre 1936, figlio di emigranti piemontesi: suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell'educazione dei cinque figli.
Diplomatosi come tecnico chimico, sceglie poi la strada del sacerdozio entrando nel seminario diocesano. L'11 marzo 1958 passa al noviziato della Compagnia di Gesù. Completa gli studi umanistici in Cile e, tornato in Argentina, si laurea in filosofia al collegio San Giuseppe a San Miguel. Fra il 1964 e il 1965 è professore di letteratura e psicologia nel collegio dell’Immacolata di Santa Fé. Dal 1967 al 1970 studia teologia laureandosi sempre al collegio San Giuseppe.
Il 13 dicembre 1969 è ordinato sacerdote. Prosegue quindi la preparazione tra il 1970 e il 1971 in Spagna, e il 22 aprile 1973 emette la professione perpetua nei gesuiti. Di nuovo in Argentina, è maestro di novizi a Villa Barilari a San Miguel, professore presso la facoltà di teologia, consultore della provincia della Compagnia di Gesù e rettore del Collegio. Il 31 luglio 1973 viene eletto provinciale dei gesuiti dell'Argentina e, tra il 1980 e il 1986, è di nuovo rettore del collegio di San Giuseppe, oltre che parroco ancora a San Miguel.
È il cardinale Quarracino a volerlo come suo stretto collaboratore a Buenos Aires. Così il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno riceve nella cattedrale l’ordinazione episcopale proprio dal cardinale. Alla morte del cardinale Quarracino gli succede, il 28 febbraio 1998, come arcivescovo, primate di Argentina, ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese, gran cancelliere dell'Università Cattolica.
Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo crea cardinale, del titolo di san Roberto Bellarmino. Intanto in America latina la sua figura diventa sempre più popolare. Nel 2002 declina la nomina a presidente della Conferenza episcopale argentina, ma tre anni dopo viene eletto e poi riconfermato per un altro triennio nel 2008.
Come arcivescovo di Buenos Aires pensa a un progetto missionario incentrato sulla comunione e sull'evangelizzazione. Quattro gli obiettivi principali: comunità aperte e fraterne; protagonismo di un laicato consapevole; evangelizzazione rivolta a ogni abitante della città; assistenza ai poveri e ai malati. Invita preti e laici a lavorare insieme.
Viene eletto Sommo Pontefice il 13 marzo 2013.
Ridotto e adattato da L'Osservatore Romano, Anno LXIII, numero 12
Nella capitale argentina nasce il 17 dicembre 1936, figlio di emigranti piemontesi: suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell'educazione dei cinque figli.
Diplomatosi come tecnico chimico, sceglie poi la strada del sacerdozio entrando nel seminario diocesano. L'11 marzo 1958 passa al noviziato della Compagnia di Gesù. Completa gli studi umanistici in Cile e, tornato in Argentina, si laurea in filosofia al collegio San Giuseppe a San Miguel. Fra il 1964 e il 1965 è professore di letteratura e psicologia nel collegio dell’Immacolata di Santa Fé. Dal 1967 al 1970 studia teologia laureandosi sempre al collegio San Giuseppe.
Il 13 dicembre 1969 è ordinato sacerdote. Prosegue quindi la preparazione tra il 1970 e il 1971 in Spagna, e il 22 aprile 1973 emette la professione perpetua nei gesuiti. Di nuovo in Argentina, è maestro di novizi a Villa Barilari a San Miguel, professore presso la facoltà di teologia, consultore della provincia della Compagnia di Gesù e rettore del Collegio. Il 31 luglio 1973 viene eletto provinciale dei gesuiti dell'Argentina e, tra il 1980 e il 1986, è di nuovo rettore del collegio di San Giuseppe, oltre che parroco ancora a San Miguel.
È il cardinale Quarracino a volerlo come suo stretto collaboratore a Buenos Aires. Così il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno riceve nella cattedrale l’ordinazione episcopale proprio dal cardinale. Alla morte del cardinale Quarracino gli succede, il 28 febbraio 1998, come arcivescovo, primate di Argentina, ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese, gran cancelliere dell'Università Cattolica.
Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo crea cardinale, del titolo di san Roberto Bellarmino. Intanto in America latina la sua figura diventa sempre più popolare. Nel 2002 declina la nomina a presidente della Conferenza episcopale argentina, ma tre anni dopo viene eletto e poi riconfermato per un altro triennio nel 2008.
Come arcivescovo di Buenos Aires pensa a un progetto missionario incentrato sulla comunione e sull'evangelizzazione. Quattro gli obiettivi principali: comunità aperte e fraterne; protagonismo di un laicato consapevole; evangelizzazione rivolta a ogni abitante della città; assistenza ai poveri e ai malati. Invita preti e laici a lavorare insieme.
Viene eletto Sommo Pontefice il 13 marzo 2013.
Ridotto e adattato da L'Osservatore Romano, Anno LXIII, numero 12